(di Fausto Gasparroni)
(ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 19 GEN - I beni di lusso che -
secondo le accuse - avrebbe acquistato con i soldi inviatigli
dalla Segreteria di Stato vaticana sembrano ormai solo un
ricordo. Tanto che Cecilia Marogna, la manager cagliaritana
imputata nel processo che riprenderà il prossimo 25 gennaio in
Vaticano sulla gestione dei fondi della Santa Sede, è stata
sottoposta a sfratto coatto finendo, insieme alla figlia,
letteralmente sul lastrico. E chi le è vicino lancia un appello,
rivolto anche alla carità della Chiesa, perché le si trovi
urgentemente una sistemazione.
"Dove è finita la carità cristiana? Mi rivolgo alle autorità
ecclesiastiche in primis e non solo, alle autorità civili
tutte... una madre ed una bambina cui 'hanno fatto terra
bruciata' saranno in mezzo ad una strada da oggi ma mi batterò
ad oltranza contro questa ennesima, disumana situazione", scrive
su Facebook Riccardo Sindoca, supervisore del team legale che
difende Cecilia Marogna e di lei anche procuratore in atti.
La donna è stata sfrattata per morosità, dal momento che,
a quanto si è appreso, non pagava da diverso tempo il canone di
locazione, probabilmente proprio a seguito dell'inchiesta che
l'ha coinvolta insieme al cardinale Angelo Becciu, ex sostituto
della Segreteria di Stato vaticana. Questa mattina intorno alle
10.00 l'ufficiale giudiziario, accompagnato dagli agenti della
squadra volante della Questura, si è presentato nell'abitazione
della manager, nella centralissima via Rossini a Cagliari, e ha
notificato lo sfratto coatto. In casa in quel momento c'era solo
la donna: ricevuto il documento, ha lasciato spontaneamente
l'abitazione, un appartamento molto grande di proprietà di un
docente universitario.
"Stritolata nel contesto di un processo da milioni di euro
per speculazioni e business della Segreteria di Stato - la
definisce Sindoca -, in cui mai ha avuto alcuna parte...
arrestata forse perché si doveva 'decentrare' l'attenzione su
altro e così bruciata ed allontanata dal mondo del lavoro in
attesa di una definizione giudiziaria?".
Secondo il suo procuratore in atti, Cecilia Marogna "di certo
non ha mai maneggiato conti della Santa Sede, eppure è lei e la
piccina che stanno pagando lo scotto più grosso ed indicibile in
questa follia assurda... perché di certo questo 'processo
Vaticano' due vittime, di cui una minore, le ha già fatte -
prosegue -, nel mentre chi ha maneggiato milioni di euro pensa
ad azioni giudiziarie risarcitorie ed a farsi 'magari' sbloccare
decine di milioni di euro".
"Intanto una donna di 40 anni si è trovata a passare da una
cella di un carcere ad uno sfratto con una figlia minore -
conclude Sindoca -, questa è la 'pietà' e la carità Cristiana,
tanto reclamata da Papa Francesco... vivo un medioevo del terzo
millennio in cui non esistono più pietà e 'regna' la sofferenza
data dal menefreghismo e dall'egoismo più spietato".
Cecilia Marogna, ribattezzata dai media la "dama del
cardinale" per la fiducia che per un certo periodo aveva riposto
in lei il card. Becciu, è imputata nel processo in corso
Oltretevere per due ipotesi di peculato - una delle quali in
concorso con lo stesso ex sostituto per gli Affari generali e
una tramite la sua ex società slovena Logsic, con sede a Lubiana
- per i bonifici per un totale di 575 mila euro accreditatigli
dalla Segreteria di Stato per presunte attività di intelligence
e trattative per la liberazione di una missionaria rapita,
finiti invece in gran parte in costosi beni griffati. (ANSA).