In un motel low cost ma dal nome importante, Magic Castle, in un non luogo nel nulla della provincia americana di Orlando, vicino Disneyland, si svolge la vicenda comica e triste di 'Un sogno chiamato Florida' di Sean Baker, film per il quale Willem Dafoe ha ottenuto la nomination all'Oscar come Miglior Attore non Protagonista, dopo aver già collezionato le nomination ai Golden Globe, ai BAFTA e agli Screen Actors Guild. Awards.
Il film, in sala dal 22 marzo distribuito da Cinema di Valerio De Paolis, ci porta in un posto popolato da famiglie ai margini del sogno americano, tutte persone che non ce l'hanno fatta: obesi, aspiranti attori, escort, perdenti che non possono più permettersi un appartamento.
E soprattutto in questo motel minimalista vivono, allo stato brado, bambini che nessuno segue davvero, con famiglie scoppiate, disagiate, senza forma. È il caso di Moonee (Brooklyn Kimberley Prince), ragazzina di 6 anni piena di energia e spirito. Ma a vegliare su questo gruppo di bambini iperattivi e sulle loro disastrate famiglie c'è per fortuna Bobby (Dafoe), affidabile e paterno gestore di questo scalcinato posto.
"Il film - ha detto il regista al Torino Film Festiva dove il film è passato in chiusura della manifestazione - è la versione odierna di 'Simpatiche canaglie', ovvero i corti comici degli anni Venti e Trenta su un gruppo di bambini che vivevano in povertà durante la grande Depressione. La loro condizione economica veniva però sempre tenuta in secondo piano: ciò che interessava davvero erano le loro avventure a sfondo umoristico". Non è così però per questo film che il regista considera "politico".
In Magic Castle infatti tra le mille intemperanze di questi bambini, il problema economico si sente eccome. Basti pensare alla problematica madre di Moonee, Halley (Bria Vinaite), una che vive di mille espedienti poco political correct, una che si arrabatta per trovare i soldi settimanali per l'alloggio e fa mangiare alla figlia ogni giorno junk food da un dollaro in lunch box.
Il film, passato alla Quinzaine di Cannes, spiega il regista: "è anche un modo di mettere a fuoco quello che accade oggi negli States: la crisi degli alloggi, dopo gli ulteriori tagli di Donald Trump, il clima surriscaldato in un paese ora più che mai diviso. Ma volevo far passare queste cose in un lavoro che fosse sia una fonte di evasione che di sensibilizzazione". Della giovane straordinaria protagonista, Brooklyn Kimberley Prince, dice: "La considero seriamente la più grande attrice di tutte le età con la quale abbia mai lavorato".
Mentre su Dafoe: "Ancora oggi noto sottilissime sfumature nella sua interpretazione. È riuscito a rendere un mix di sentimenti tra compassione, protezione e paura di dover mandar via prima o poi quelle persone che vuole con tutto il suo cuore proteggere".