Nella lotta al coronavirus non poteva mancare il Mossad, il mitico servizio segreto israeliano. Ieri notte i suoi agenti hanno portato in Israele, da paesi rimasti ovviamente riservati, 100mila kit per testare l'infezione. E poco importa se al momento quei kit - hanno fatto sapere dal ministero della Sanità - sembrerebbero privi dell'equipaggiamento medico giusto, in particolare i tamponi. Fedele alla sua missione, il Mossad ha replicato di aver portato indietro ciò che era stato chiesto.
"Chiariremo con il ministero della Salute - ha detto 'l'Istituzione' - ciò di cui c'è bisogno". Aggiungendo: "Il canale clandestino è aperto e continueremo ad usarlo per portarlo ciò che serve". E c'è da giurarci che la missione sarà portata a compimento. A confermare l'intervento del Mossad è stato anche l'ufficio del primo ministro, di solito piuttosto reticente su questi argomenti. Del resto l'uso dei servizi segreti da parte di Israele nella lotta al Covid-19 è ormai cosa nota. Lo Shin Bet - il servizio interno di sicurezza - è stato incaricato con i suoi potenti mezzi informatici di tracciare i cellulari degli israeliani e di scandagliare i social. L'obiettivo non è solo controllare chi viola la quarantena e mette in pericolo tutti gli altri ma anche seguire passo passo i positivi al virus nei loro comportamenti sociali pregressi in modo da avvisare tutti quelli che sono entrati in contatto. La disposizione - presa dal governo di transizione di Benyamin Netanyahu e non discussa dalla Knesset - ha suscitato un vespaio di polemiche da parte dell'opposizione, in primis Blu-Bianco di Benny Gantz, che ci vede una profonda violazione della privacy, per di più disposta da un governo che non ha i pieni poteri. Per questo è stata presentato un ricorso urgente alla Corte Suprema.