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Raid Usa in Iraq: curdi riprendono la diga di Mosul

Le forze curde riconquistano tre cittadine del Nord

I curdi, appoggiati dai raid americani, hanno riconquistato la diga di Mosul, la più grande in Iraq, strappandola ai jihadisti dell'Isis. Lo hanno annunciato funzionari curdi.

La diga, a nord di Mosul, fornisce l'acqua e l'elettricità alla maggior parte della regione nel nord dell'Iraq, indispensabile per l'irrigazione dei campi nella provincia di Ninive. Attorno alla diga, conquistata dall'Isis dieci giorni fa, si è sviluppata una battaglia tra jihadisti e curdi, sostenuti dai ripetuti raid americani con caccia e droni, oltre 20 tra ieri ed oggi.

Caccia americani hanno condotto 14 nuovi raid aerei stamani contro i jihadisti dello Stato islamico (Isis) vicino alla diga di Mosul. Lo riferisce il Pentagono. I raid si aggiungono agli altri 9 lanciati ieri dagli Usa che stanno intensificando gli attacchi contro l'Isis per aiutare i curdi a riprendere la diga, in mano ai jihadisti.

Gli attacchi americani, condotti con successo anche da droni, hanno danneggiato o distrutto dieci vettori blindati, sette Humvees, due veicoli armati e un checkpoint dell'Isis. Il Pentagono ha ribadito che i raid mirano a sostenere gli sforzi per gli aiuti umanitari e a proteggere il personale americano a Irbil.

Le forze curde Peshmerga, appoggiate dai raid aerei americani, hanno riconquistato tre cittadine nel nord dell'Iraq cadute solo la settimana scorsa nelle mani dello Stato Islamico (Isis). Si tratta, secondo quanto riferisce la televisione satellitare panaraba Al Jazira, di Tel Skuf, Ashrafia e Batnaya. I Peshmerga sono ora impegnati in combattimenti per cercare di riconquistare anche la citta' di Tal Kif.

Quarantaquattro miliziani dell'Isis sono rimasti feriti nell'ultimo dei raid Usa, oggi, nei pressi della diga di Mosul. Lo riferisce l'agenzia irachena Nina citando fonti locali. Gli attacchi Usa sono compiuti a sostegno delle forze curde dei Peshmerga che da ieri hanno lanciato una controffensiva per cercare di riconquistare la diga.

Un nuovo crimine commesso dallo Stato islamico (i jihadisti dell'Isis) contro la minoranza Yazidi è stato denunciato in Iraq, dove almeno 81 uomini sono stati uccisi e 180 donne rapite vicino alla citta' di Sinjar, secondo fonti locali. E mentre l'aviazione americana intensifica i suoi raid sulle postazioni dei jihadisti dall'Italia arrivano i primi voli umanitari per i soccorsi ai profughi.

Fonti informate nella provincia di Ninive hanno spiegato che il massacro è stato compiuto nel villaggio di Kojo, dove si e' ripetuto uno scenario già conosciuto da quando, il 3 agosto scorso, l'Isis ha conquistato Sinjar e i territori circostanti, culla degli Yazidi. Le donne rapite, secondo i testimoni, sono state portate verso una località sconosciuta. Una sorte dunque simile a quella di altre centinaia di loro correligionarie sequestrate nei giorni precedenti, che si temano siano ridotte allo stato di schiave sessuali. Secondo fonti del governo di Baghdad, già prima del massacro di Kojo si era avuta notizia di almeno 500 Yazidi uccisi, mentre 300 donne erano state rapite.

L'aviazione americana continua a colpire le postazioni jihadiste con incursioni che, secondo fonti della televisione panaraba Al Jazira, sono "le piu' pesanti" dall'inizio dell'intervento, l'8 agosto. Fonti curde riferiscono di un attacco compiuto da aerei contro le postazioni dell'Isis che controllano la strategica diga di Mosul, la più grande dell'Iraq. Successivamente i Peshmerga curdi avrebbero lanciato un'offensiva di terra prendendo "il controllo del lato est della diga", ha detto all'Afp il generale curdo Abdel Rahman Korini. Mentre il ministero della Difesa di Baghdad sostiene che una colonna di 30 blindati dell'Isis e' stata distrutta. Sul piano internazionale, ieri il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimita' una risoluzione con misure che dovrebbero ostacolare i finanziamenti e le forniture di armi all'Isis.

Ma intanto anche Hadi al Bahara, il presidente della Coalizione nazionale siriana dell'opposizione in esilio, ha rivolto un appello alla comunità internazionale, "soprattutto gli Usa", perche' sostengano l'Esercito libero siriano contro le milizie dell'Isis in Siria come fanno con i curdi in Iraq. Drammatica rimane la situazione di decine di migliaia di profughi, tra cui molti cristiani oltre che Yazidi che si sono riversati nella regione autonoma del Kurdistan. "Non dimentichiamo il grido dei cristiani e di ogni popolazione perseguitata in Iraq", ha twittato Papa Francesco da Seul. In mattinata e' arrivato nella capitale curda Erbil il primo dei sei voli umanitari predisposti dall'Italia.

L'ambasciata a Baghdad ha fatto sapere che l'operazione, coordinata dai ministeri degli Esteri e della Difesa, prevede il trasporto di 50 tonnellate di acqua e cibo, 200 tende e 400 sacchi a pelo. In una riunione straordinaria, i ministri degli Esteri della Ue hanno dato il via libera alla fornitura di armi alle forze curde dei Peshmerga, in prima linea nella resistenza all'avanzata jihadista. Il ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, aveva sottolineato che per procedere in questa direzione "è necessario il passaggio parlamentare". Ma oggi il viceministro Lapo Pistelli ha assicurato che le forniture italiane ai curdi, "per quello che saranno, non arriveranno tardi".

"Abbiamo uno strumento che è il decreto missioni", ha aggiunto Pistelli, e quindi il passaggio parlamentare "potrebbe anche avvenire, se uno vuole, a posteriori, quindi a fine agosto". Le commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato sono state convocate per il 20 agosto. A Baghdad e ad Erbil si e' intanto recato oggi il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, che ha incontrato il presidente iracheno Fuad Masum, il premier incaricato Haidar al Abadi e le autorita' curde. Steinmeier ha definito un "piccolo barlume di speranza" gli sforzi messi in atto da Al Abadi per formare un governo inclusivo delle forze politiche sciite e sunnite per avviare una riconciliazione nazionale in un Paese diviso da odi interconfessionali.

Un tentativo che sembra almeno in parte facilitato dalla decisione dell'ex primo ministro Nuri al Maliki di rassegnare le dimissioni, dopo che per diversi giorni aveva rifiutato di lasciare la carica

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